Proust e la musica

Nel centenario della morte di Marcel Proust (18 novembre 1922)


La musica – ebbe a dire Proust in una conversazione con J. Benoist-Méchin – mi ha dato gioie e certezze ineffabili. Più ancora: essa è stata per me come una prova dell’esistenza in questo mondo di qualcosa che non sia il nulla in cui ovunque mi imbatto. Come un filo d’oro essa attraversa l’intera mia opera”. Una presenza dunque essenziale nella vita di Marcel Proust, che ascoltava musica continuamente, che invitava musicisti a casa sua per farsi suonare le opere preferite – in particolare i Quartetti di Beethoven – e che si era fatto installare un “theatrophone” per seguire attraverso la rete telefonica la trasmissione di concerti e di opere, diventando così un grande fan del Pélleas et Melisande di Debussy.
I compositori più spesso citati nella “Recherche” sono Wagner (più di 50 volte, e soprattutto il Parsifal), Beethoven (25 volte) e Schumann. Ma anche Fauré, Franck, Debussy etc.

.. le chiavi dei miei libri… mi è impossibile darle. Non che abbia paura o che voglia nasconderle;  ma ce ne sono troppe per ogni personaggio. Anche se le dessi tutte, ci si potrebbe ingannare ed immaginare, per errore o per piacere, che c’è più di quello o più di quell’altro. E, in ogni caso, non è importante” (Céleste Albaret “Monsieur Proust”)

Nel dicembre del 1914,  Jacques de Lacretelle, futuro membro dell’Academie Française, andò a trovare Proust nella sua casa di boulevard Haussmann per esternargli la propria ammirazione per “La strada di Swann”. Lo stesso Lacretelle ha scritto di aver molto insistito con Proust per conoscere i modelli della sua opera … Proust però continuava a negare di aver copiato questo o quel personaggio vivente.
Un giorno però egli sembrò soddisfare la curiosità del suo giovane ammiratore scrivendo in una lunga dedica in forma di lettera qualcuna delle fonti.

Caro amico, non ci sono chiavi per questo libro, o meglio, ce ne sono otto o dieci per uno solo; anche per la chiesa di Combray, la mia memoria mi ha fornito come “modelli” molte chiese. Non saprei più dirvi quali. Non mi ricordo più se la pavimentazione viene da Saint-Pierre-Sur-Dives o Lisieux.
Certe vetrate sono sicuramente di Evreux, altre della Sainte-Chapelle e di Pont-Audemer.
I miei ricordi sono più precisi per la Sonata. Nella misura in cui la realtà mi è servita, molto poco a dire il vero, la piccola frase di questa Sonata, e non l’ho detto mai ad alcuno, è, nella serata di Saint-Euverte, la frase bella, ma mediocre, di una sonata per pianoforte e violino di Saint-Saëns, musicista che non amo. (Vi indicherò esattamente il passaggio che ritorna molte volte e che era il trionfo di Jacques Thibaud).
Più avanti nella stessa serata, non mi sorprenderei se parlando della piccola frase avessi pensato all’Incantesimo del Venerdi Santo. Sempre durante questa serata, quando il piano e il violino gemono come due uccelli che si rispondono, ho pensato alla Sonata di Franck (soprattutto suonata da Enesco) il cui quartetto apparirà in uno dei volumi seguenti.
I trilli che coprono la piccola frase in casa Verdurin mi sono stati suggeriti da un preludio del Lohengrin ma essa stessa, in quel momento, da un brano di Schubert. Esso è, nella stessa serata dai Verdurin, un incantevole brano per pianoforte di Fauré
”. (Proust spiegato da Proust, a cura di G. Alù)

Grande emozione questa sera. […] Sono andato ad ascoltare la Sonata di Franck che amo tanto, non per ascoltare Enesco che non avevo mai sentito. Ma l’ho trovato ammirevole;  i pigolii dolorosi del suo violino, gli appelli gementi, rispondevano al pianoforte, come da un albero, come da una foglia misteriosa. È una grandissima impressione” (Proust, Lettera a Antoine Bibesco, 1913)